Nella ricerca degli echi biblici nell’itinerario di M. Elisa, troviamo un motivo portante della sua spiritualità, che costituisce anche il filo rosso che percorre tutto il testo biblico: la tematica della sponsalità.
L’intera Sacra Scrittura è incorniciata da una grande inclusione: all’inizio la coppia umana creata a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,27), alla fine la “Sposa Chiesa” che insieme allo Spirito invoca la venuta dello Sposo (cf. Ap 22,17). Pensiamo alle dichiarazioni di amore appassionato e geloso di YHWH per Israele adultera e infedele negli scritti di Osea e alla promessa di attirarla a sé per sposarla nella fedeltà e nell’amore (cf. Os 2,16.21); oppure alle effusioni di amore bruciante di YHWH per il suo popolo pronunciate per bocca di Geremia: «Ti ho amato di amore eterno» (Ger 31,3). Isaia raggiunge poi il vertice di tale linguaggio amoroso dichiarando: «Tuo sposo è il tuo creatore» (Is 54,5), «tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,4-5).
Passando al Nuovo Testamento, nella figura di Giovanni Battista si concentra l’ardente attesa di Israele per lo sposo divino. Egli è «l’amico dello sposo» che «esulta di gioia alla voce dello sposo» (Gv 3,29), una voce che lo raggiunge per la prima volta attraverso il saluto che Maria di Nazaret rivolge ad Elisabetta e che fa trasalire di gioia il bambino quando ancora è un piccolo feto nel grembo materno (cf. Lc 1,42): Gesù stesso si definisce «lo sposo», in compagnia del quale gli invitati a nozze non possono digiunare (cf. Mt 9,14-15).
Nella parabola delle dieci vergini, ancora una volta egli si identifica con lo sposo atteso: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!» (Mt 25,6).
San Paolo, da parte sua, si esprime in questi termini: «Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo» (2 Cor 11,2).
In Madre Elisa il linguaggio della sponsalità è particolarmente ricorrente e, benché tipico di un comune clichédella vita religiosa del tempo, profondamente radicato in un terreno genuinamente biblico.
L’anello che Elisa tiene alla mano sinistra è quello - scrive - che «mi lega allo Sposo Gesù, guardandolo m’infervora nell’amarlo e servirlo» (Serve di Maria Riparatrici, Primi saggi storici, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Rosaura Fabbri smr, Roma 1992 = Primi saggi, p. 477). Dal suo rapporto sponsale con Gesù, Elisa trae ispirazione per rivolgersi alle sue figlie nelle molteplici circostanze della vita.
Ad una suora, alla quale è richiesta l’obbedienza di recarsi in una nuova comunità, indirizza parole attinte dal Sal 45,11: «Mia cara figlia suor Virgilia, l’obbedienza ti manda a Ficulle […] dimentica il tuo paese e la casa di tuo padre; Dio ti benedirà» (Primi saggi, p. 497). Ad un’altra, in occasione della Professione perpetua, ispirandosi alla parabola evangelica di Mt 25,1-12, scrive: «Nel solenne giorno della tua Professione perpetua, ti auguro che lo Sposo divino ti mantenga sempre accesa la lampada della carità, affinché nell’ora della morte ti accolga in cielo e ti dia il premio delle vergini savie e prudenti» (Serve di Maria Riparatrici, Silloge di Documenti dal 1891 al 1935, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Renza Veronese smr, Roma 1978 = Silloge, p. 352). Attingendo nuovamente a questa bellissima pagina evangelica, scrive in risposta a una sorella che le fa domanda di consacrarsi definitivamente al Signore: «È ben giusto il tuo desiderio di unirti in perpetuo al tuo Sposo divino […] ed io di tutto cuore te lo permetto. Preparati con un buon corredo di virtù a questo atto sì sublime, affinché alla venuta dello Sposo la tua lampada sia ben fornita di quel mistico olio di cui erano provviste le vergini prudenti» (Serve di Maria Riparatrici, Supplemento alla Silloge di Documenti dal 1891 al 1935, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Rosaura Fabbri smr, Roma 1989 = Supplemento alla Silloge, pp. 446-447).
In sintonia con i testi biblici che non hanno paura di parlare frequentemente di un “Dio geloso” (cf. Es 34,14; Dt 5,9; 6,15; Is 26,11; Gl 2,18), M. Elisa non esita ad ammonire e incoraggiare. Ad una suora scrive: «Gesù è lo Sposo geloso e non ammette cuori divisi dal suo ss.mo e divino Cuore» (Supplemento alla Silloge, p. 488) e ad un’altra: «Non capisce, zuccona, che Dio la prova come sposa prediletta? Geloso di lei la amareggia nella fibra più intima?» (Primi saggi, p. 479).
La Madre invita le sue figlie a coltivare una totale e profonda intimità con Gesù Sposo: «Nella solitudine di sua cella, lo Sposo largheggerà di lumi celesti e favori distinti» (Supplemento alla Silloge, pp. 411-412); «tu dici, alle volte, ti sembra essere sola; allora più che mai il suo sposo Gesù ti è vicino per aiutarti e soccorrerti nei tuoi bisogni spirituali e materiali» (ibidem, p. 428); «in ogni difficoltà ricorri alla preghiera e piena di confidenza riposati nelle braccia di Gesù, tuo Sposo. Egli ti darà la forza necessaria per compiere con generosità qualsiasi sacrificio giornaliero; sarà con te ogni momento del giorno per incoraggiarti in tutte le avversità» (ibidem, p. 466).
Tale invito costante ad instaurare con Gesù un rapporto intenso non sconfina mai, per M. Elisa, in un intimismo ripiegato su di sé, ma sfocia sempre in un orizzonte ampio che, proprio partendo dal rapporto stretto con Gesù, ne assume i sentimenti e gli atteggiamenti allargandosi alla relazione con gli altri, sia nella vita fraterna che nell’impegno apostolico. A suor M. Teresa scrive: «Quella suora che non ama tutti i bambini, belli o brutti, poveri o ricchi; quella che non sta volentieri con essi ma sforzatamente, questa tale […] non ha lo spirito del nostro sposo Cristo Gesù il quale diceva: “Lasciate che i pargoli vengano a me…”» (Silloge, p. 362). A suor Rosaria scrive: «Ove c’è l’unione, c’è pace. Ove c’è la pace, c’è Dio nostro Sposo, il quale ordina di amarsi vicendevolmente, come lui ci ama» (Supplemento alla Silloge, p. 438).
È soprattutto nella sofferenza che la Serva di Maria Riparatrice deve saper cogliere l’occasione propizia per essere maggiormente unita al suo Sposo: «O sposa dell’Ecce Homo, se vuoi essere riconosciuta per tale dall’eterno Padre, devi corrispondere a Gesù Cristo: amore per amore; sacrifizi per sacrifizi; sangue per sangue; vita per vita» (Silloge, p. 349); «invece di affliggervi, care le mie figliuole, rallegratevi in Dio; ringraziatelo che vi fa simili al vostro sposo Gesù Cristo. Se vi siete avvilite, vergognatevi, pentitevi di non aver saputo imitare il vostro Sposo» (Supplemento alla Silloge, p. 414); «è proprio nelle difficoltà e nelle tribolazioni che Gesù prova l’amore delle sue care Spose!» (ibidem, p. 467).
Secondo S. Paolo la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore (cf. 1 Cor 7,32-34); così M. Elisa scrive a una sua carissima figlia: «Lavora, cara mia figlia, lavora sempre, sacrificati ogni momento per piacere al tuo Sposo» (Supplemento alla Silloge, p. 480).
Fortemente radicata in M. Elisa, è anche la convinzione paolina che il nostro corpo è per il Signore (cf. 1 Cor 6,13). Se questo è vero per tutti i cristiani, ancor di più lo sarà per una donna consacrata: «Dovrete ricordare che questo corpo appartiene al nostro Sposo Gesù Cristo e da qui l’obbligo di mantenerlo nel migliore modo possibile, per adoperarlo alla sua gloria» (Supplemento alla Silloge, p. 433).
Il rapporto con Gesù sposo deve essere, per la Serva di Maria Riparatrice, totalizzante e dalle molteplici sfaccettature: «Gesù non sia solo il tuo Sposo, ma pure il tuo consigliere, il tuo modello e il tuo amico» (Primi saggi, p. 483).
L’orizzonte ultimo verso il quale è protesa l’intera esistenza della figlia spirituale di M. Elisa è la sfera celeste dell’eternità, dove la Serva di Maria Riparatrice sarà definitivamente unita a colui che in terra ha amato e servito con dedizione e passione: «Coraggio, mia carissima figlia; al momento della morte ci sarà di gran conforto se avremo saputo soffrire per amore del nostro sposo Gesù» (Supplemento alla Silloge, p. 453). Tale meta ultima è vista da M. Elisa in piena conformità con lo spirito di comunione fraterna del carisma servitano: «Auguro che un altro giorno possiamo trovarci tutte unite al nostro caro Sposo per godere insieme il premio delle nostre fedeltà, avvalorate dai suoi meriti infiniti» (ibidem, p. 442).
M. Cristina Caracciolo smr - M. Lisa Burani smr
Cf. Riparazione Mariana n. 3/2008