Una donna fiduciosa in Dio

Siamo abituati a pensare alla Bibbia come alla storia che Dio intesse con il suo popolo, Israele. Una storia che trova il suo compimento in Cristo e per la quale tutti siamo figli di Dio. Una storia d’amore. Siamo coinvolti in essa a tal punto che l’esistenza di ogni persona diventa una storia sacra. Ognuno può dire con verità: «Nel rotolo del libro sta scritto di me» perché quel libro, la Bibbia, parla a me di me.

Sfogliando il libro dei Salmi vogliamo cogliere alcuni frammenti dell’esperienza spirituale di madre M. Elisa Andreoli, fondatrice delle Serve di Maria Riparatrici, ed in particolare la sua confidenza in Dio.

Come quella di un pio israelita, la vita di madre Elisa si presenta innanzitutto come desiderio del Signore: «L’anima mia anela a te, o Dio». «Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signore io cerco» (Sal 42,2-3). A questo anelito in lei fa eco: «Io non voglio altro che Dio e Maria» (Serve di Maria Riparatrici, Silloge di Documenti dal 1891 al 1935, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Renza Veronese smr, Roma 1978 = Silloge, p. 488).

La meta ultima alla quale è orientato l’itinerario spirituale del Salterio è la celebrazione dell’infinita bontà divina che può essere riassunta nel ritornello che scandisce il Salmo 136: «Lodate il Signore perché è buono. Perché eterna è la sua misericordia!». Tale proclamazione dell’immensa bontà divina non è un improvviso slancio dell’anima, ma il punto d’arrivo di un percorso accidentato e faticoso, in cui l’orante ha concretamente potuto toccare con mano la smisurata bontà di Dio verso di lui.

Anche la vicenda umano-spirituale di madre Elisa approda a una di quelle alte vette dalle quali è possibile estendere lo sguardo sulla faticosa salita intrapresa e contemplare la sconfinata bontà che Dio ha dispiegato lungo il cammino. «Bontà di Dio, quanto sei grande!» (Silloge, p. 417); «bontà di Dio, quanto sei immensa!» (ibidem, p. 488); «bontà del mio Dio, vi ringrazio di tutto cuore!» (ibidem, p. 516).

Queste esclamazioni scaturiscono da un cuore in cui le grazie divine sono state disseminate lungo solchi profondi tracciati da numerose prove e tribolazioni. «Piansi e pregai nella massima desolazione» (ibidem, p. 107), scrive di fronte all’ingiusta sentenza emessa dal Tribunale riguardo al processo intentatole dai massoni, per poi aggiungere: «Dio converte in grazie speciali ogni lacrima sparsa» (ibidem, p. 132).

Se il punto di partenza dell’itinerario spirituale dell’anima è sostenuto dall’intenso desiderio di Dio e di comunione con lui, è pure costituito dalla situazione di persecuzione, angoscia, povertà e solitudine in cui versa l’orante: «Salvami dall’oppressione dell’uomo» (Sal 119,134); «sono molti i persecutori che mi assalgono» (Sal 119,157); «ho toccato il fondo dell’angoscia» (Sal 142,7).

Accerchiato da nemici che lo calunniano, il salmista esclama ancora: «Signore, quanti sono i miei oppressori! Molti contro di me insorgono. Molti di me vanno dicendo: “Neppure Dio lo salva!” (Sal 3,2-3).

Anche madre Elisa di frequente si è trovata assediata da accuse ingiuste provenienti non solo da ambienti apertamente ostili alla Chiesa (i massoni) ma anche da personaggi ecclesiastici. Così scrive nelle sue Memorie: «Piango per la falsità delle accuse» (Silloge, p. 435). «Altro non potei dire che sia fatta la volontà di Dio! Ora andremo in cassazione a Firenze, del tutto rassegnata a ciò che Dio disporrà. A me basta ch’egli resti glorificato in queste mie tribolazioni» (ibidem, p. 94).

Nei Salmi emerge pure con insistenza la voce del povero che grida a Dio: «Signore, tendi l’orecchio, rispondimi, perché io sono povero e infelice» (Sal 86,1) e cerca rifugio presso di lui: «In te mi rifugio, Signore, ch’io non resti confuso in eterno» (Sal 71,1); «rocca del mio rifugio è il mio Dio» (Sal 94,22); «mia grazia e mia fortezza, mio rifugio e mia liberazione» (Sal 144,2).

A conclusione del processo, perso, madre Elisa scrive a suor M. Dolores Inglese, priora del noviziato: «Non dimentichi che Dio protegge e difende chi lo serve e lo ama di vero cuore, e vendica egli stesso le persone che con paziente silenzio rimettono la loro causa nelle sue ss.me mani» (Silloge, p. 191).

Il tema del “rifugio” è una delle categorie privilegiate dai salmisti. Per i fedeli di Israele il suo luogo fisico era il Tempio di Gerusalemme, realtà estremamente vulnerabile, esposta alla profanazione e alla distruzione. Quest’ultima, trauma nel cuore della comunità ebraica, in realtà si è rivelata per il popolo eletto l’occasione propizia per fare un salto qualitativo nel suo itinerario di santità, suscitando la consapevolezza che la preghiera, rivolta al Signore ovunque e in qualsiasi momento, è per l’orante la vera fortezza inespugnabile e indistruttibile ove trovare rifugio sicuro.

Ripeteva madre Elisa: «Tanto più siamo afflitte e tanto più dobbiamo pregare […]. Tutto si vince con la preghiera. Pazienza, silenzio, umiltà, confidenza in Dio, preghiera. Poi sempre avanti con fronte alta!» (ibidem, p. 191); «a me non resta che di ringraziare la bontà infinita di Dio. Quando sembrava che la infima, ultima fra le ultime comunità, dovesse finire fra mille obbrobri e aspre persecuzioni, Dio la prosperò; tutti ne sono ammirati […]. Sì, sì; Dio protegge e difende le umili serve della sua Madre santissima, che sperano solamente in lui» (ibidem, p. 120).

Sin dagli inizia della sua vita ella ha intuito la forza segreta della preghiera, ma sono state le vicissitudini di ogni genere che lei e il suo “infimo istituto” hanno dovuto affrontare, ad aver forgiato nelle sue mani quella potente arma degli inermi che è la supplica fiduciosa rivolta a Dio (cf. Ef 6,16-18).

Tra le tribolazioni che madre Elisa ha dovuto attraversare e quelle descritte dall’orante dei Salmi si possono riscontrare ulteriori affinità. Di frequente infatti il soggetto dei Salmi è identificabile con un membro appartenente a una categoria debole e disarmata della società. Assediato da avversari che lo accusano ingiustamente, è trascinato in tribunale senza avere altro avvocato che il suo Dio, difensore dell’“orfano e della vedova”. Sempre nelle sue Memorie madre Elisa racconta: «Sei avvocati massoni contro le suore al tribunale di Rovigo; uno solo discuteva per esse» (Silloge, p. 414); «tutti dicono che perdo la causa. Che fare? Preghiamo con fede nostra Signora […]. Confidiamo! Ma se Dio vuole spogliarmi di tutto, sia egli benedetto! Nella povertà troverò la ricchezza» (Agende, 25 maggio 1910).

«Madre Elisa era in Adria senza nessuna opera; la causa aveva fatto perdere ogni prestigio e fiducia; avvilimento, oppressione, abbandono, povertà. Un dì viene chiamata in parlatorio; va e si trova dinanzi un’eletta aristocrazia adriese. Dice una: “Noi siamo venute per fare del bene al suo Istituto, per rialzarlo, incrementarlo, ecc. e per riuscire affidarlo ad un buon signore (nominò alcuni ricchi)”. Meravigliata M. Elisa rispose: “Grazie, signore gentili, non ho bisogno di nessuno, poiché il mio uomo ce l’ho”. Una signora: “Sì, ha l’avvocato Rocchi che l’ha difesa, ma pagare lo deve. Noi invece vogliamo dargliene uno che faccia tutto gratuitamente per beneficenza, ecc.”. Madre Elisa: “Grazie, gentili signore; sappiano che il mio uomo è solo Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, che vive nel ss.mo Sacramento. Lui solo mi basta. Egli rialzerà, incrementerà il mio abbandonato Istituto”» (Silloge, p. 421-422).

L’orante dei Salmi, davanti ai nemici che insorgono contro di lui (cf. Sal 3,2), non si difende e non si erge contro di loro con la stessa arroganza, ma si appella a Dio perché “sorga” a difenderlo (cf. Sal 3,8) e a sottrarlo dalla bocca malevola dei suoi avversari (cf. Sal 17,10-13).

E anche madre Elisa dice: «Gesù Cristo sorgerà a difendermi; in lui solo confido» (Silloge, p. 436). E a una suora consiglia: «Vincerò certo, se: a) confiderò molto nella bontà di Dio; b) calma e tranquilla pazienterò; c) userò un saggio e prudente silenzio; d) la mia parola sia sempre: “Così vuole il buon Dio così voglio anch’io. Dio permette tutto per il nostro bene”» (ibidem, p. 393).

Dopo questo breve excursus possiamo dichiarare che madre Elisa è veramente “beata” della stessa beatitudine annunciata in modo programmatico sul portale d’ingresso di quel grande “tempio orante” che è il Salterio: «Beato chi in lui si rifugia» (Sal 2,12).

 M. Cristina Caracciolo smr - M. Lisa Burani smr

Cf. Riparazione Mariana n. 1/2008