Madre e serva della Comunità

Nel nostro itinerario alla ricerca delle consonanze tra gli scritti paolini e quelli di Maria Elisa Andreoli fondatrice elle Serve di Maria Riparatrici, ci limiteremo a mettere a fuoco solo una delle tante sfaccettature che si possono rinvenire nell’accostamento dell’epistolario di Paolo con quello di madre Elisa: la premura per le comunità.

«Alla sua “comunità” madre Elisa aveva dedicato tutta se stessa. Gli assilli che Paolo provava per le “chiese” (cf. 2 Cor 11,28) madre Elisa li esperimentava per la sua famiglia religiosa. Nei suoi confronti ella si sentiva madre e serva» (Serve di Maria Riparatrici, Primi saggi storici, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Rosaura Fabbri smr, Roma 1992 = Primi saggi, pp. 474-475). Noi vorremo partire proprio da questa intuizione.

Quando Elisa parla con le sue figlie, il suo cuore vibra di riconoscenza e tenero affetto come quello di Paolo verso le comunità da lui fondate. Scrive madre Elisa: «Ah! Care e care le mie figlie, quante prove mi date della vostra affezione! Quanto vi sono grata e quanto vi amo! Con giusta ragione dico a tutti che, dopo Dio e Maria ss.ma, siete state voi il mio aiuto, il mio sostegno in tutte le lotte e persecuzioni; sì, voi, care figliole mie, con le vostre fervorose orazioni, con la vostra fedeltà, con le vostre privazioni di ogni genere» (Serve di Maria Riparatrici, Silloge di Documenti dal 1891 al 1935, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Renza Veronese smr, Roma 1978 = Silloge, p. 480).

Paolo si rivolge alla comunità di Filippi con un linguaggio affine che esprime il suo sincero e caldo affetto per i destinatari della lettera: «Ringrazio il mio Dio ogni volta ch’io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. È giusto, del resto, che io pensi questo di tutti voi, perché vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del Vangelo. Infatti Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù» (Fil 1,3-8).

In Elisa il carisma di “madre” è molto marcato ed è da lei vivamente raccomandato a coloro che sono poste alla guida delle comunità: «Mia carissima figlia suor Ignazia […] ora sei madre, e con sì bel nome sarai chiamata dalle tue figlie. Spero che sarai ben compresa del significato di questa parola: madre! Madre vuol dire serva di tutte, pronta a sacrificare se stessa pel bene delle proprie figlie e di tutte, non facendo distinzione per alcuna» (Serve di Maria Riparatrici, Supplemento alla Silloge di Documenti dal 1891 al 1935, a cura di Pacifico M. Branchesi osm e M. Rosaura Fabbri smr, Roma 1989 = Supplemento alla Silloge, p. 436).

Lo stesso sentire “materno” animava l’intimo dell’Apostolo, che scrive alla comunità di Tessalonica: «Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato di darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (1 Tess 2,7-8).

Questa tenera sensibilità materna non indulge mai però in Elisa, come del resto in Paolo, a mollezza e debolezza. Sappiamo da Paolo stesso che era solito rivolgere rimproveri anche duri alle comunità che gli stavano a cuore: «Solo per risparmiarvi rimproveri non sono più venuto a Corinto» (2 Cor 1,23); «o stolti Galati…!» (Gal 3,1).

Madre Elisa a una suora confidava amareggiata: «Quante lettere di rimprovero devo scrivere!» (Primi saggi, p. 480).

Paolo ha particolarmente a cuore la concordia e l’unione fraterna che raccomanda vivamente a tutte le comunità: «Amatevi cordialmente con amore di fratelli, prevenitevi vicendevolmente nella stima» (Rm 12,10); «siate tutti unanimi nel parlare, né vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetto accordo di mente e di pensiero» (1 Cor 1,10); «scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore, maldicenza, ogni cattiveria. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda» (Ef 4,31-32); «ricolmatemi di gioia andando d’accordo, praticando la stessa carità, unanimi e concordi. Non fate niente per rivalità o vanagloria, ma con umiltà ciascuno ritenga gli altri superiori a sé; non mirando ciascuno ai propri interessi, ma anche a quelli degli altri» (Fil 2,2-4).

Così anche madre Elisa esortava le sue figlie all’unione dei cuori, al rispetto reciproco e alla carità sincera: «Sarà impegno di ogni suora il cercare di mantenere saldi nell’Istituto i vincoli di unione e di carità. Tutte perciò si rispettino […], nessuna mormori delle consorelle né di altri; non dica parole offensive […]. Mentre ognuna si guarderò di dare alle consorelle il minimo disgusto, se altre ne dessero a lei sappia perdonare con generosità di cuore» (Silloge, p. 395); «prego perché in voi sia sempre viva la carità fra di voi; cioè amarvi senza parzialità; aiutarvi a vicenda; compatirvi nelle vostre debolezze; mai disprezzare quello che fa un’altra; accusare se stessa, scusare le consorelle […]. Se farete così la vostra comunità sarà un Paradiso» (Supplemento alla Silloge, p. 414). «Ove c’è l’unione, c’è pace. Ove c’è la pace, c’è Dio nostro Sposo, il quale ordina di amarsi vicendevolmente, come lui ci ama» (ibidem, p. 438).

Il centro indiscusso della vita intima e dell’azione missionaria di Paolo è la croce di Cristo, dalla quale promana il segreto intimo di tutta la sua vita spirituale e che egli con insistenza propone come unico modello e punto di riferimento: «Noi predichiamo Cristo crocifisso» (1 Cor 1,23); «mi proposi di non sapere altro in mezzo a voi che Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1 Cor 2,2); «sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20); «quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso come io per il mondo» (Gal 6,14).

Anche per madre Elisa la croce di Cristo deve essere il pilastro che regge tutto l’edificio della vita della Serva di Maria Riparatrice e l’albero maestro della nave del suo amato ed “infimo Istituto”: «Soffro immensamente ma stringo al cuore la croce» (Primi saggi, p. 490); «sempre avanti con fronte alta, croce in spalla: Eamus!» (Silloge, p. 191); «il peso della croce si fa sentire a colui che la trascina ma non a colui che l’abbraccia» (ibidem, p. 349); «non deporre mai la croce, ma tienila stretta al cuore» (ibidem, p. 353); «ripeti con trasporto d’amore: “Voglio vivere e morire per Gesù crocifisso e Maria ss.ma Addolorata”» (ibidem, p. 356); «viva e muoia d’amore per Gesù crocifisso […]. Tutto il resto è nulla»; «nell’afflizione in cui ti trovi Gesù crocifisso sia il tuo conforto, il tuo tutto. Ringrazialo del favore di farti bere al calice amaro di sua Passione. Egli ti ama con predilezione unica» (ibidem, p. 360); «vivi sempre attaccata alla croce che Gesù si degna di darti» (Lettere, 16.07.1931); «la longanimità nella croce ne accresce il valore e il merito» (Agende, 26.03.1910); «noi povere Serve di Maria Addolorata dobbiamo vivere sulla nuda croce» (ibidem, p. 497).

Madre Elisa, pur appartenendo a un’epoca in cui la spiritualità cristiana tendeva a soffermarsi un po’ unilateralmente sul mistero del “venerdì santo”, sembra avere la chiara consapevolezza che la croce non è masochisticamente fine a se stessa ma ha senso solo se inquadrata nel dinamismo pasquale che sfocia nella gioia della “domenica di risurrezione” in vista della gloriosa ascensione: «Coraggio e avanti fino alla crocifissione con Gesù, poi la risurrezione e l’ascensione con Gesù» (Primi saggi, p. 490).

Se infatti il Cristo crocifisso ha assunto per Paolo un’importanza primaria nella vita interiore e nella predicazione, è stato perché innanzitutto egli si è imbattuto nella luce prorompente del Cristo risorto e asceso al cielo, e se per tutta la vita egli non ha cercato altro che la croce di Cristo Gesù, è perché aveva capito che questa è la porta attraverso la quale passare per accedere alla gloria della risurrezione. Tale è la certezza che ha sostenuto tuti i grandi santi della storia e che rappresenta la via maestra che ancora oggi madre Elisa addita a tutte le sue figlie.

M. Cristina Caracciolo smr - M. Lisa Burani smr

Cf. Riparazione Mariana n. 4/2008